mercoledì 14 marzo 2018

NON COME VOGLIO IO, MA COME VUOI TU.



Assidui e concordi nella preghiera  
V catechesi di don Angelo Saraceno
                                          
Perseveranza nelle preghiere
Il giorno di Pentecoste lo Spirito della promessa è stato effuso sui discepoli, è lui che istruisce la Chiesa e le ricorda tutto quello che Gesù ha detto, la forma anche alla vita di preghiera.
Lo Spirito Santo, che in tal modo ricorda Cristo alla sua Chiesa orante, la conduce anche alla Verità tutta intera e suscita nuove formulazioni, le quali esprimeranno l’insondabile mistero di Cristo, che opera nella vita, nei sacramenti e nella missione della sua Chiesa. Queste formulazioni si svilupperanno nelle grandi tradizioni liturgiche e spirituali.
Senza la preghiera non c’è una vita con Dio, e neanche un servizio all’uomo (CCC 2744) “perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5).
Anche se è la cosa più difficile da praticare nella vita con Dio, è così necessaria come l’aria per respirare. Pregare non è un’arte di cui il cristiano si appropria, è soltanto un rispondere a colui che già da tempo prega e opera in lui.
“Per pregare bisogna volerlo” (CCC 2650).
Le forme della preghiera
È a partire dall’esperienza personale che Gesù ha insegnato ai suoi discepoli a pregare.
Accogliamo i suoi consigli.
a)      Prima di pregare riconciliati con il tuo fratello (Mt 5, 23-24; Mc 11, 25)
b)     Quando preghi, ritirati nella tua camera (Mt 6,6)
c)      Tutto ciò che chiederete nel mio nome lo farò (Gv 14,13)
d)     Pregare con umiltà, come il pubblicano (Lc 18, 9-14)
e)      Pregare insieme, accordandosi con i fratelli (Mt 18, 19-21)
f)       Pregare con fiducia (Mt 6, 7-8)
g)      Pregare sempre senza stancarsi (Lc 18, 1-8 e 21, 34-36)

Riflettiamo su alcuni modi di pregare:
1)      Preghiera di domanda
Rivolgendosi a Dio con la domanda nelle diverse situazioni esistenziali, il credente, senza rinunciare alle proprie responsabilità e al proprio impegno, attesta di voler ricevere dalla relazione con lui il senso della propria vita e la propria identità, e confessa di non “disporre” della propria esistenza.
In questo senso la preghiera di domanda è certamente scandalosa, in quanto urta la pretesa di autosufficienza dell’uomo. Dietro ad ogni particolare preghiera di domanda veramente cristiana, vi è una domanda radicale di senso, che il progresso tecnologico non potrà mai rendere superata, e che investe non solo il credente (chi sono?) ma anche Dio.
Con la preghiera di domanda inoltre, ......
il credente stabilisce un tempo di attesa tra il bisogno ed il soddisfacimento, pone una distanza tra se e la sua situazione concreta: si innalza dal suo bisogno e lo trasfigura in desiderio. Grazie alla preghiera di domanda possiamo imparare a desiderare, cioè a conoscere e disciplinare i nostri desideri, distinguendoli dai nostri bisogni e cercando di accordarli con il desiderio di Dio.
In concreto, noi chiediamo doni che colmino i nostri bisogni e lo Spirito Santo ci porta a invocare la presenza del Donatore, ovvero a chiedere l’amore, “desiderio del desiderio”.
È per questo che la preghiera di domanda mira in realtà alla presenza del Dio a cui si rivolge, prima ancora che all’ottenimento di uno specifico bisogno: essa è praticabile solamente all’interno di una relazione filiale con Dio, vissuta all’insegna della fede (Cf l’esperienza di Gesù Mt 26,39) non come voglio io, ma come vuoi tu.
Questa è l’autentica preghiera di domanda del cristiano, discepolo di Gesù Cristo.
2)        Una particolare forma di preghiera di domanda è l’Intercessione.
Inter – cedere significa “fare un passo tra”, interporsi tra due parti, indicando un prendere sul serio tanto la relazione con Dio quanto quella con gli altri fratelli e sorelle in umanità. L’intercessione non ci porta a ricordare a Dio i bisogni degli altri, ma spinge noi ad aprirci al loro bisogno, facendone memoria davanti a Dio e ricevendo nuovamente gli altri da Dio, illuminati dalla luce della sua volontà. L’intercessione ci insegna a entrare in ogni situazione umana in piena solidarietà con il Dio fattosi uomo “per noi uomini”. Attraverso di essa riconosciamo la nostra smisurata limitatezza nel fare il bene per l’altro e ci disponiamo ad assumerlo al di là delle nostre possibilità: intercedere è il segno più evidente e il frutto più maturo delle nostre responsabilità verso i fratelli e sorelle, perché è l’atto con cui giungiamo a farcene carico anche e al di fuori dello spazio pubblico, quando ciò non è richiesto dalle convenzioni sociali, né produce una gratificazione personale.
Il culmine dell’intercessione non consiste in parole pronunciate davanti a Dio, ma in un vivere davanti a lui nella posizione del Crocifisso e fedele a Dio e solidale con gli esseri umani fino alla fine. L’intercessione per eccellenza, a cui partecipa anche quella del cristiano, è infatti quella di Cristo che stende le braccia sulla croce, invocando il perdono per i suoi crocifissori: in tal modo egli le apre a un abbraccio nei confronti dell’intera umanità, facendo della debolezza estrema della propria morte l’atto d’amore attraverso il quale si manifesta in lui la potenza misericordiosa di Dio. In quell’atto il credente riconosce e confessa l’intercessione pienamente efficace, senza limiti, portatrice di salvezza per tutti gli esseri umani.
3)      Preghiera di ringraziamento (Lc 17,11-19 dieci lebbrosi)
A colui che vistosi guarito, ritorna indietro per ringraziare Gesù dice: la tua fede ti ha salvato”. Solo chi rende grazie fa esperienza della salvezza, cioè dell’azione di Dio nella propria vita. E poiché la fede è relazione personale con Dio, la dimensione dell’azione di grazie non riguarda solo la forma esteriore di alcune preghiere, ma deve impegnare l’essere stesso della persona. È ciò che chiede Paolo: “Siate eucaristici” (Col 3,15; 1Ts 5,18), cioè in costante rendimento di grazie. La fede cristiana è costitutivamente eucaristica, e l’intera vita del credente va vissuta ”nel rendimento di grazie” (1 Tm 4,4).
Pur così fondamentale, il ringraziamento è tutt’altro che spontaneo, innanzitutto dal punto di vista antropologico. Esso suppone infatti il senso dell’alterità e la capacità di entrare in rapporto con un tu, perché solo ad un altro riconosciuto come persona si può dire “grazie”. Entrare nella gratitudine significa pertanto lottare contro le tentazioni del consumo per creare le condizioni di una comunione, di una relazione in cui sia bandita la strumentalizzazione dell’altro a se stessi.
Nel rapporto personale con il Signore, poi, la capacità eucaristica indica la maturità di fede del credente, il quale riconosce che l’amore del Signore precede, accompagna e segue la sua vita.
L’azione di grazia scaturisce dall’evento centrale della fede cristiana: il dono del Figlio Gesù Cristo che il Padre, nel suo immenso amore, ha fatto all’umanità (Gv 3,16).
È il dono salvifico che suscita nell’uomo il ringraziamento e fa dell’Eucarestia l’azione ecclesiale per eccellenza.
L’Eucarestia e la preghiera eucaristica è il modello della preghiera cristiana per cui il cristiano è chiamato a fare dell’intera sua esistenza un’occasione di rendimento di grazie.
Alla gratuità dell’agire di Dio verso l’uomo risponde il riconoscimento del dono e la riconoscenza, la gratitudine: i cristiani sono coloro che “rendono continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre nel nome del Signore nostro Gesù Cristo (Ef 5,20; Col 3,17).
Il ruolo centrale dell’eucarestia, preghiera delle preghiere, nel cristianesimo, ci ricorda che il culto cristiano consiste essenzialmente in una vita capace di rispondere con gratitudine al dono inestimabile proveniente da Dio: il cristiano risponde al dono di Dio facendo della propria vita un ringraziamento, un’eucarestia vivente. Egli infatti conosce il senso profondo del gesto eucaristico compiuto da Gesù nell’ultima cena (Mc 14, 17.25 e paralleli).
Gesù ha compiuto tale atto per evitare che i discepoli leggessero la sua morte come un evento subito per caso, oppure dovuto ad un destino ineluttabile voluto da Dio. Perciò ha concluso la sua esistenza così come l’aveva sempre spesa: nella libertà e per amore di Dio e degli uomini. Seguendo l’esempio di Gesù i cristiani sono chiamati al “culto”.
“L’offerta del proprio corpo è sacrificio vivente, santo, gradito a Dio” (Rm 12,1) attraverso una vita spesa nell’amore.
Il fine della preghiera è questo: è l’amore che ci spinge a vivere cioè confessare con l’intera nostra esistenza, che ogni giorno fino a quello della nostra morte, è per noi un dono dell’amore di Dio.
4)      L’adorazione (CCC 2628) è la disposizione fondamentale dell’uomo che si riconosce creatura davanti al suo Creatore.
5)      La domanda del perdono (CCC 2631)
Essa è preliminare ad una preghiera giusta e pura: è l’atto preliminare della liturgia eucaristica.


Traccia per la condivisione
1)      Cosa rivedere nella nostra preghiera di domanda?
2)      Preghiera d’intercessione come impegno ad aprirci al bisogno degli altri, facendocene carico.
3)      Preghiera di ringraziamento per entrare nella dimensione della gratitudine.

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