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Si tratta di un tema complesso di cui si
parla spesso con approssimazione includendovi significati diversi, essendo
connesso a secolarizzazione, desacralizzazione, laicizzazione, e forse altri
ancora.
E’ buona norma partire dal nome per avvicinarsi
al suo significato.
Secolarismo proviene dalla parola
latina saeculum che significa secolo,
età presente, vita mondana, tempo; l’aggettivo saecularis, significa cose di
questo mondo. Ma come avviene nelle parole che ci vengono dal lontano passato,
questa nel tempo è stata usata in contesti e con significati diversi.
La parola secolarizzazione, fu coniata nel XVII secolo per indicare
l’espropriazione di alcuni beni ecclesiastici, precisamente nel trattato di
pace di Munster fra l’Impero e la
Francia , nel 1648,
a conclusione della guerra dei Trenta anni. Il termine
dalla politica passò al diritto canonico per indicare l’esclusione dalla vita
monastica di un suo membro. Il monaco, per motivi vari, viene restituito al
secolo, viene sciolto dai suoi voti, viene secolarizzato. Alla fine del 1700, e
in conseguenza della rivoluzione francese, i beni ecclesiastici furono
letteralmente saccheggiati, si diceva che venivano secolarizzati, se ne
appropriava lo stato.
Nell’età moderna i termini secolarizzazione .......................
o secolarismo, il più delle
volte intercambiabili sono entrati nell’uso corrente della sociologia, della
filosofia, della teologia, della pubblicistica.
Via via che si è diffuso il principio di esclusione della religione,
principalmente cristiana, dalla cultura, dalla politica, dalla scienza,
separando l’impegno nel mondo, nel secolo, dalla vita religiosa, il secolarismo
è diventato costume, ha permeato i vari ambiti del vivere sociale. Anche il
Magistero con voce allarmata ha denunciato la crisi della società, connessa al
secolarismo.
Dire che il mondo, le cose create, le società hanno una loro autonomia
non costituisce un problema, Il documento conciliare Lumen Gentium, al n. 36
dice: ” Le cose create e le stesse
società hanno leggi e valori propri che l’uomo deve scoprire, usare e ordinare”,
ma ciò non significa che le cose e la società non dipendono da Dio. Il
secolarismo è la totale esclusione di Dio dal mondo, la sua insignificanza
nella vita degli uomini.
Al paragrafo 7 del documento conciliare
Gaudium et spes leggiamo: “ A differenza
dei tempi passati negare Dio o la religione, o farne praticamente a meno non è
più un fatto insolito e individuale”. Ricapitolando possiamo dire: La
chiesa e la religione da essa predicata non hanno nulla da spartire con la
politica, con le sue leggi, con i suoi costumi, con la gestione del nascere o
del morire, il campo in cui essa opera riguarda soltanto la coscienza, la fede,
il soggetto nella sua sfera privata. Ogni intromissione della chiesa è
indebita. Di conseguenza è come dire che esistono due piani: quello della sfera
privata in cui ognuno si accomoda come vuole, e quello della sfera pubblica in
cui i valori morali, i comportamenti, l’organizzazione politica, scolastica,
ecc. non tollerano alcun intervento
della chiesa. sono due piani separati
che non possono mescolarsi. Il sacro, per il secolarismo è del tutto separato
dalla realtà concreta, visibile, scientifica. Il mondo viene desacralizzato.
Ciò che era centrato su Dio, ora si centra sull’uomo che diventa fondamento
e gestore di se stesso, diventa autoreferente e tutte le sue attività si legittimano nella
mondanità sganciandosi da ogni riferimento a Dio. L’uomo vuole realizzare il
suo progetto, la sua libertà a partire dalle proprie risorse. Ciò che è mondano
si fa autonomo, ciò favorito dal pluralismo delle religioni che si incontrano.
L’imperativo del secolarismo è l’emancipazione da una etica di matrice
religiosa, la chiesa non si intrometta, non interferisca. Nelle cose del mondo
né il Papa, né i vescovi hanno diritto di dire il proprio pensiero.
La teologia di matrice protestante ha approfondito il tema del
secolarismo distinguendo con Gogarten fra secolarizzazione e secolarismo.[1] La secolarizzazione,
cosa buona, nasce dalla rivelazione biblica e cristiana; che il mondo è mondo e
non Dio l’uomo lo apprende dalla Sacra Scrittura per la quale Dio crea l’uomo e gli dà la
responsabilità del mondo, che però non è la sua vera patria. La sua patria è
nei cieli, pertanto l’uomo è libero dal mondo; ma l’uomo restando nel mondo non
nega Dio da cui, anzi, acquisisce il senso della propria vita. Se invece l’uomo
pretende di salvarsi da se stesso, attraverso la politica, la scienza, la
tecnologia, ritenendo insignificante ciò che non si riferisce al mondo
sensibile si ha il secolarismo, negazione di Dio.
Il teologo Bonhoeffer scrive: “ Andiamo
incontro ad un’epoca del tutto non religiosa….Ma non c’è da preoccuparsi perché
se scompare la religione rimane la fede che è altra cosa: Verrà un tempo in cui
la fede sarà più limpida e l’uomo più adulto”.[2]
Non pochi autori collegano strettamente il secolarismo alla
desacralizzazione del mondo, al tentativo di scollegarlo da Dio e dalla sua
influenza, ma anche il progresso della scienza, il prevalere della tecnica, il
ritmo frenetico della vita, il consumismo, la difficoltà del raccoglimento
incidono sul fenomeno. In un mondo agricolo si realizza una stretta unione fra
uomo e natura; i fenomeni naturali sono collegati ad un creatore a cui ci si rivolge
per le proprie necessità; in un mondo in cui, invece, la soluzione di ogni
problema è affidata alla ricerca scientifica e allo sviluppo tecnico l’uomo è
tentato dall’idea di avere in mano le leggi della vita e della morte, gli
strumenti per la lunga vita, la giovinezza senza termine, il dominio delle
forze naturali. Il senso di onnipotenza lo registriamo nel quotidiano: una
forte nevicata che andava fronteggiata ad ogni costo, un terremoto che non si è
riusciti a prevedere più che ricondurli all’invincibile natura vengono ricondotti
alla cattiva organizzazione che può anche esserci stata.
Come se fra piano terreno e piano celeste si volessero interrompere le
comunicazioni. Ma non è così, il sociologo americano di origine austriaca,
Peter Berger nel suo libro Il brusio degli angeli scrive: “L’uomo secolare sente ancora e di nuovo il bisogno di parlare di Dio.
Bisogno compresso, represso, rimosso, ma la cui vitalità trova i sentieri per
farsi presente; la sofferenza, la morte, la fragilità, il limite sono tutte
realtà che solo nella religione trovano il terreno adatto”.
Certo il calo della pratica religiosa, la privatizzazione della
religione, la crisi di credibilità dell’istituzione religiosa ci preoccupano.
Ma come potranno le forme religiose tradizionali conservarsi in un mondo che
diventa velocemente diverso?
E’ a noi, sotto l’ispirazione dello Spirito santo che compete di
inventare forme nuove che diano voce all’ansia di sacro ancora viva nel cuore
degli uomini.
La chiesa che per secoli aveva
legittimato il potere politico e dal quale aveva ricevuto protezione, ora libera dalle connessioni politiche
protettive, più liberamente può svolgere
la propria missione evangelizzatrice, riappropriarsi del suo mandato iniziale,
parlare con libertà. Si impone una nuova evangelizzazione, una rifondazione
della società in cui valori e sentimenti, passato e futuro possano continuare a
parlarsi, in cui il sempre vivo messaggio di Cristo possa trovare modi e canali
nuovi per parlare ai cuori. Si tratta di una impresa non facile umanamente, ma
facile se condotta assieme a Cristo.
E. Messina
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