sabato 31 marzo 2018

CONOSCERE IL SIGNORE



VI INFORMIAMO 






Abbiamo  pubblicato gli esercizi spirituali tenuti da don Luca Saraceno, già rettore della Basilica Santuario della Madonna delle Lacrime a Siracusa, docente di Ermeneutica filosofica e Storia della filosofia moderna e contemporanea allo Studio teologico San Paolo di Catania oltre che di Filosofia sistematica all'Istituto superiore di scienze religiose San Metodio di Siracusa, il  20  -  22  marzo 2018 nella Parrocchia “Santa Lucia di Augusta.
Il testo molto lungo non può essere pubblicato nella "Home Page" del blog ma lo troverete nella pagina dei PDF con il titolo “don Luca Saraceno Esercizi spirituali 2018 e potete scaricarlo.
Il lavoro di don Luca, sottile teologo, di elevato tono e  di grande caratura catechetica  va letto sul cartaceo e rappresenta una ottima, ma anche difficile, lettura di temi assai importanti come quelli: “Dio come sei”? “Dio dove sei“?  Dio chi sei”?, lettura che va bene non solo in questo periodo Pasquale ma anche nel periodo estivo.
Consigliamo, altresì, lo studio del testo al fine di comprendere quanti errori  facciamo nel dire banalmente: “conosciamo il Signore”.
 La redazione del Blog






venerdì 30 marzo 2018

GLI AUGURI DI PASQUA DI DON ANGELO SARACENO


Colgo quest’occasione
offertami dall’amico Luigi Majorca per augurare a tutti gli amici del Cursillos una Santa Pasqua e sarà tale non solo e non tanto attraverso la partecipazione attiva e cosciente alla celebrazione ma nella sua ricaduta nella propria quotidianità.
Vi anticipo quanto il giorno di Pasqua vorrei regalare ai miei parrocchiani in un raduno di gioia a mezzogiorno al suono delle campane alzando in alto i nostri figli e augurando a loro “Crisci e fatti ranni”.
La Pasqua inaugura infatti un cammino verso l’alto. Salire è faticoso ma nel nostro cuore ci sono potenzialità divine iscritte dal nostro creatore.

Cristo è risorto e noi siamo risorti con Lui!
Annunziare la risurrezione non è annunciare un’altra vita ma mostrare che la vita può diventare più intensa e che tutte le situazioni di morte che attraversiamo possono trasformarsi in risurrezione.
“C’è un altro mondo, ma è in questo”. (Paul Eluard)
Diventare uomini di risurrezione, siamo chiamati a una vita più profonda, più intensa che alla fine sconvolge il senso stesso della morte.
Se siete risorti con Cristo imparate a vivere e a vedere la vita con occhi diversi, con gli occhi di Dio.
L’altro, vicino o lontano non è un tuo avversario né un estraneo ma tuo fratello, impara a relazionarti con lui, ascoltarlo, avvicinarti, prenderti cura di lui.
Impara a costruire con lui una fraternità non solo in Chiesa ma ovunque ti trovi fa il primo passo nel perdonarlo.
Cercate il Signore e avrete la vita. (Salmo 68)
Pur immersi oggi ancora nel dolore, nella sofferenza per le malattie, le disgrazie, per lutti e incomprensioni nelle relazioni, per la povertà, siamo invitati a guardare oltre ci sarà un mondo nuovo, anzi è già iniziato ed insieme siamo chiamati a costruirlo.
Alziamo insieme i nostri occhi in alto perché “l’amore dà sempre vita” (Papa Francesco)

Auguri

Padre Angelo Saraceno

mercoledì 28 marzo 2018

C’ERA CON NOI “LO SPIRITO”

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IL PRECETTO DEI CURSILLISTI


Lunedì 26 marzo 2018 l’Ultreya di Augusta ha celebrato per i cursillisti, nella chiesa di S. Lucia, il precetto pasquale, cioè l'obbligo della comunione pasquale e della confessione annuale.
Quando mi è stata comunicata la decisione, ho subito ripensato al precetto pasquale dei tempi del liceo, una giornata di assenza giustificata, dove bisognava essere rigorosamente seriosi per una celebrazione che appariva più formale che sostanziale.
Così, lunedì entrando in chiesa pensavo mestamente a quel antico contesto, certamente non proprio gioioso.
Appena entrato i cursillisti hanno cominciato ad affluire alla spicciolata e sono cominciati i primi saluti, per me molto importanti perché rivedevo tanti amici dopo una settimana.
Dopo un po’ la chiesa si è riempita di tanti cursillisti, molti dei quali non si vedevano da tempo, e da alcuni rappresentanti del mondo del lavoro.
La cerimonia mi si presentata subito diversa ed essenziale, la liturgia veniva seguita da tutti con interesse e con raccoglimento. Poi la lettura del Vangelo e l’omelia dell’animatore spirituale, don Angelo Saraceno.
Il tema è stato incentrato “sull’animazione cristiana degli ambienti”, sull’evangelizzazione  da parte di una comunità cristiana in cammino, “i cursillos di cristianità”, tema che ha giustificato la presenza dei rappresentanti del mondo del lavoro per un abbraccio concreto con un ambiente assai importante, proprio quello del lavoro, che ha necessità di ritrovare Dio e dove i sursillisti devono non apparire, ma essere credibili e gioiosi testimoni di Gesù. 
La lunga catechesi non mi ha stancato, ne ha stancato gli altri, anzi è sembrata quasi breve, tanto coinvolgente era l’argomento trattato.
Poi, il rito della comunione.
Infine, prima della benedizione, due ulteriori brevi interventi, quello dello del segretario generale del CNA, Pippo Gianninoto, e quello del responsabile dell’ultreya, il fratello Giulio Morello.
A questo punto l’atmosfera si era fatta proprio familiare, aleggiava sopra di noi “Lo Spirito”, ci si sentiva quasi ingabbiati nella struttura muraria della chiesa, bisognava sciogliersi dai lacci e dalle convenzioni. Così é scoppiato, come una bomba, un lunghissimo applauso liberatorio …,, tanti sorrisi e lunghi abbracci di auguri di una buona e serena Pasqua.

Un precetto straordinario. Ho lasciato gli amici ringraziandoli quasi commosso
Luigi Majorca

martedì 27 marzo 2018

NELLA SETTIMANA SANTA - IL TALLIT

IL TALLIT DI DIO
CATECHESI DI  DON ANGELO SARACENO

Il Tallit è lo scialle bianco con strisce blu che copre il capo e le spalle degli uomini durante la preghiera quotidiana (invenzione che si attribuisce direttamente a Dio).
Il midrash Rosh Hashanàh narra che Dio in persona si manifestò a Mosè avvolto nel tallit allo scopo d’insegnargli come avrebbe dovuto pregare ogni Israelita orante in futuro, e mentre si manifestava proclamava i tredici attributi di Dio elencati in Es 34,6-7:
1.     Signore – 2. Eterno – 3. Dio – 4. Pietoso – 5. Misericordioso – 6. Longanime – 7. Ricco di benevolenza – 8. Ricco di verità – 9. Conserva il suo favore per mille generazioni – 10. Perdona il peccato – 11. Perdona la colpa – 12. Perdona la ribellione – 13. Colui che assolve

Perché 13? La risposta è rivelazione di un mistero grande e straordinario. Secondo la Ghematria o scienza dei numeri che applica una regola esegetica ebraica, a ogni consonante dell’alfabeto (nell’ebraico biblico scritto le vocali non esistono ma sono solo pronunciate) corrisponde un numero. Poiché il nome di Dio (Yhwh) ha valore di 26, il numero 13 è esattamente la sua metà; anche la parola ‘ehad – uno ha valore di 26. Non solo ma il termine “Amore – ahavàh” ha il valore di 13, esattamente quanti sono gli attributi di Dio.
Parafrasando potremmo dire che per fare Dio = 26 occorre un amore (=13) più le qualifiche/attributi di Dio stesso (=13) perché Dio è Amore (1Gv 4,8).
Allo stesso modo, quando un uomo e una donna si uniscono per formare una “sola carne” fondano l’amore maschile che vale 13 e l’amore femminile che vale 13 e solo insieme esprimono “immagine e la somiglianza di Dio” (cf Gen 1,27) partecipando alla vita divina che è uguale a 26.
Per fare un Dio occorrono due amori fusi in uno.
Chi ama porta in sé la metà di Dio e le sue qualifiche, e unendosi all’altra metà che è la persona amata forma un’unità sola, come uno è Dio.
Questa misteriosa unione mistica avviene nella preghiera che è il “luogo” dove l’amore si fa carne e Dio si rende visibile perché lo Sposo può finalmente “vedere” la voce della Sposa e toccare il logos/verbo della vita (!Gv 1). Qui è il fondamento della sacralità del rapporto sessuale che se visto in questa chiave, è la preghiera suprema che manifesta alla “coppia – uno” il volto e la gloria di Dio unico.
Quando si parla di “chiesa domestica” è questo che  s’intende: l’amore coniugale è la preghiera più alta perché è l’altare dove il volto di Dio = 26 che è Uno = 26 si esprime e si fonde nell’unità della coppia (=13+13) che così diventa la manifestazione orante del volto di Dio.




In ginocchio
Adorazione eucaristica.
Una realtà questa che spesso crea imbarazzo, non si sa esattamente cosa fare.
Recitare una preghiera? Confidare a voce bassa i propri pensieri? O stare semplicemente in silenzio?
Semplicemente inginocchiarsi ha in sé un che di strano.
“In greco la parola adorazione – proskinesis – significa gesto di sottomissione, il riconoscimento di Dio come nostra vera misura.
Significa che libertà non vuol dire godersi la vita, ritenersi assolutamente autonomi, ma orientarsi secondo la misura della verità e del bene, per diventare in tal modo noi stessi veri e buoni.
La parola latina per adorazione è ad – oratio contatto bocca a bocca, abbraccio e quindi in fondo amore.
La sottomissione diventa unione, perché colui al quale ci sottomettiamo è Amore.
Così sottomissione acquista un senso, perché non si impone cose estranee, ma ci libera in funzione della più intima verità del nostro essere”. (Benedetto XVI)
Sottomissione, libertà
Due antipodi che l’adorazione eucaristica pretende di mettere insieme. In quei momenti di silenzio davanti all’ostensorio riemerge questa verità: che il tema fondamentale è sempre lo stesso.
Dio chiede all’uomo una dipendenza fiduciale.
Occorre rinnovare la nostra scelta – decisione:
l’autonomia da Dio = il peccato
l’eteronomia da Dio = salvezza.
Inginocchiarsi è il segno di questa scelta.
Occorre allora riscoprire il vero senso dell’adorazione come scelta di vera libertà
P. Angelo Saraceno

FAMMI VEDERE IL TUO VOLTO


Roveto ardente  

Catechesi di don Angelo Saraceno nella Settimana Santa.


La preghiera desiderio umano di vedere Dio e bisogno di Dio di vedere l’assemblea orante


A)     Fammi vedere il tuo volto
Mosè è il punto di partenza per capire il senso della preghiera come aspirazione che si consuma nella visione e non nella contrattazione. Il desiderio espresso da Mosè, che è l’ambito universale di conoscere Dio, è descritto come esperienza di vita che raggiunge il suo vertice nella visione del volto di Dio. Mosè sa che il Dio dell’Esodo non può essere imprigionato nelle categorie della religione perché di lui non si può possedere nemmeno il “nome” (Es 1,14).
Può essere desiderato, ma non visto, gli si può parlare ma senza vederne il volto. È un Dio vicino (Dt 4,7) ma anche un Dio terribile (Dt 10,17). Nessun ebreo può aspirare a vedere YHWH senza sperimentare la morte. “Chiunque vede Dio muore” (Es 33,20).
In Esodo 3 si racconta la visione del roveto ardente.
Appena Mosè si rende conto di essere in una terra consacrata al Dio della montagna “El-Elohim” è preso dal terrore e deve togliersi i sandali fatti con pelle di animali morti e quindi sorgente d’impurità (Es 3,5).
Appena la voce si manifesta come “Dio”, Mosè si butta la faccia a terra perché ha paura di morire. Mosè si copre il volto. Il desiderio di Dio, comunque, è più forte della paura della morte, perché Mosè, a cui “il Signore parlava […] faccia a faccia come uno parla con il proprio amico” (Es 33,11) senza però poter essere visto, esprime l’anelito del profeta che porta in sé il bisogno dell’umanità intera (Es 33,13-23).
Il dialogo tra Dio e Mosè è un continuo rincorrersi, un tentativo di sfuggirsi: Mosè chiede di conoscere la via e Dio risponde promettendo che il volto suo camminerà con lui: Mosè implora di “vedere la gloria”, e Dio promette di fare passare davanti a lui “tutta la mia bontà” mentre proclama il “Nome”.
Dio consegna a Mosè la visione di sé nella preghiera fondata sul merito dei padri, mai sulla preghiera corale, espressione del senso di Assemblea che comprende anche gli antenati, quasi a dire che quando noi preghiamo, anche in solitudine, non siamo mai soli, perché sempre la nostra preghiera è corale, ecclesiale.
B) “Fammi sentire la tua voce”
Es 33,22 – Mosè è nascosto da Dio nella “cavità della rupe” coperto dalla mano di Dio che si mostra di spalle. Cf Cantico dei Cantici 2,14 dove il giovane amante appassionato e frenetico cerca disperatamente di vedere il volto dell’innamorata.
Dio è l’innamorato sposo che arde di passione per la sua sposa, Israele. Al desiderio di Mosè di vedere Dio e al desiderio dell’innamorato del Cantico di vedere il volto della sposa, il Signore risponde non solo insegnando le regole della preghiera (Tallit) ma supplicando la santa Assemblea di dare a lui stesso, a Dio, la possibilità di contemplare il volto d’Israele quando prega.
  
Si ribaltano i ruoli: non è più solo l’uomo che desidera vedere Dio, ora è Dio che vuole contemplare il volto dell’assemblea/sposa nell’atto della preghiera, perché nella preghiera si consuma la conoscenza che diventa estasi e contemplazione: l’amore.
Quando noi preghiamo è Dio che contempla noi e arde dal desiderio di vedere il nostro volto.
Pregare nella sua essenza più mistica e assoluta è rispondere al bisogno di Dio di ascoltare la voce amabile della sua sposa-assemblea e di contemplare il volto splendente di opere buone.
Ci si riunisce in Assemblea liturgica perché essa è il volto che Dio anela contemplare, e solo in essa riceviamo la grande opera buona della Parola – Carne che noi restituiamo a Dio che la ridona a noi in benedizione e forza di vita.
Anche i greci (come Mosè e come nel Cantico nel Vangelo di Giovanni 12,20-21 “vogliono vedere Gesù”. La prima missione con e per il Risorto è la preghiera.
Non preoccupiamoci tanto di “vedere” Dio o di chiedere soluzioni ai problemi della vita, perché “il Padre celeste sa che ne avete bisogno” (Mt 6,32) quanto piuttosto di lasciarci vedere da Dio, dandogli la gioia di poterci contemplare mentre preghiamo, mentre dichiariamo il nostro amore e condividiamo la nostra passione nella Santa Assemblea.
In un contesto di vita attuale dove il mostro supremo è l’efficienza, i veri testimoni di preghiera autentica diventano l’uomo e la donna che pregano, cioè coloro che sanno e vogliono perdere tempo in una duplice direzione: davanti a Dio e davanti agli uomini e donne di oggi.
Pregare è perdere tempo per Dio e per l’umanità, esperienza che solo gli innamorati sanno comprendere perché sono gli unici che sanno perdere tempo per amore, con amore e nell’amore, ben sapendo che non è mai tempo perso.
C’è una differenza abissale tra “perdere tempo” e “tempo perso”.
Il primo è atteggiamento attivo, scelta motivata dalla presenza di un altro che è il senso e la pienezza della propria esistenza: il secondo è passivo e quindi subìto, spesso senza coscienza e con distrazione. Chi ama perde tempo, ma non si perde mai.
Don Angelo Saraceno

domenica 25 marzo 2018

IL GIOCO STA DIVENTANDO UNA COSA SERIA.



Click to play this Smilebox slideshowTerza presentazione del libro di poesie di don Raffaele Aprile a Villasmundo.
Questo  lavoro, è un cielo  pieno di voci, un cielo  pieno di visioni. 
Così  la scrittrice Maria Lucia Riccioli, che ha dialogato con l’autore,    impegnandolo ad  interrogarsi, a ripensarsi sul perché  ha deciso di scrivere le poesie , sul perché del suo itinerario  vocazionale, sul perché dell’uso dei social.
Molte le poesie lette da Maria Riccioli inserite nella ratio di un bel confronto.  Ne è venta fuori una storia semplice, ma  intensa, di un cammino pastorale quotidiano.
La lettura delle poesie da parte di  Maria Riccioli  ha evidenziato la sua  grande duttilità nel confrontarsi con l’autore, quindi niente insufficienza o inadeguatezza.
Don Raffaele non ha avuto alcuna paura di ripercorrere, insieme alla docente, il suo “interno”, misurandosi con il suo processo di conversione, con la sua chiamata Mariana, con la sua infanzia, dove ha sempre bramato di vedere il cielo dalla sua finestra. 
Quanto affetto, quanto amore, quando si entra nella sua anima: quanta gioia e quante lacrime, anche.
Voglio credere alla sincerità di questi versi stampati nel fondo di ogni pagina, nei quali Don Raffaele vi stende  una narrazione, che parte da una  presa d’atto: l’amore per Dio, per la Madonna e per la Natura.
Voglio precisare che il   poeta  propone una poetica sincera, appunto, semplice, senza fronzoli e orpelli, andando  contro le eleganze dei classicisti.
La  “sollecitazione” al lavoro, confessa l’autore, è venuta da una voglia di fermare l’attimo, una suggestione, una riflessione …… Ma poi è venuta la necessità di andare più indietro. E siamo alla sua memoria.
Immagini poetiche e memoria, però, non esauriscono l’insieme
. Rimangono per noi delle domande: “il respiro dell’anima”: sopravviverà al frastuono della città, alla frenesia di una comunicazione sempre più veloce? Riuscirà l’autore a vincere ed a sottrarsi ai fragori, agli schiamazzi ed ai tumulti di una società sempre più complessa? Diventerà  la  sua poesia più intrigante?
 Riuscirà anche a dominare situazioni scabrose, se ha senso parlare di situazioni scabrose nell’ambito della produzione artistica.
Don Raffaele si è messo in gioco ed il gioco, insomma, sta diventando una cosa seria.
Ma “lasciamo la sua penna all’anima”: è una sfida, una prova che ci proponiamo di seguire.

Articolo di Luigi Majorca, Foto di Lina Gallo

venerdì 23 marzo 2018

CURSILLISTA “PUNTO DI FORZA”


In questo tempo in cui l'apparire conta più dell'essere, abbiamo imparato a diffidare e a temere che dietro le promesse si annidino oscuri pericoli.
Io sono un cristiano e un cursillista ed evangelizzare è diventato il mio punto di forza, il sentirmi sale e luce della terra, nonostante tutto e tutti.
Sono convinto che chi mi vuole nella sua vita non se ne va. Non sparisce, non mi abbandona alla prima difficoltà.  Chi mi ama mi vuole vicino, ha il bisogno costante di stringere la mia mano anche restando semplicemente lì, in silenzio
Dell'umiltà ho fatto leva e punto d'appoggio per far conoscere Cristo agli altri.
Perché essere  sale? Perché il sale esalta il sapore ed il gusto del cibo. Sale= amore verso chiunque stia accanto a noi, conoscenti o sconosciuti.

Perché luce: perché il cristiano deve illuminare il cammino della propria vita aiutando, giorno per giorno, coloro che si trovino in difficoltà  come  ad esempio gli stranieri che vivono  in un paese che non è la loro patria e di cui non conoscono né la lingua, né gli usi, niente !



E a fronte di accuse infondate che si fanno dei profughi e dei clandestini sento il dovere di denunciare questa "ignobile e disumana speculazione" respingendo  qualsiasi forma di razzismo e di xenofobia e incoraggiando tutti i " cristiani di buona volontà" ad abbandonare  qualsivoglia forma di egoismo e di chiusura verso  gli altri! Come cursillista sento il  bisogno di raccogliere da questi poveri migranti le loro paure  per vederli ridere e sorridere, per guardarli dormire serenamente

Peppe – Ultreya di Augusta

giovedì 22 marzo 2018

HO RISCOPERTO CRISTO.


Dopo il Cursillo la mia vita è cambiata: in famiglia, al lavoro, con gli amici ho sempre cercato di testimoniare la gioia di aver riscoperto Cristo, sia attraverso la preghiera sia con la partecipazione alla S. Messa e all'Eucarestia.
Un giorno , però, perdemmo nostra figlia Noemi di soli 14 anni: fu la prova più dura  e il dolore più atroce che i genitori si trovino ad affrontare.
Io accettai  la volontà del Signore e in quella prova così  penosa e difficile da accettare  ho trovato in Lui la roccia cui aggrapparmi per non precipitare nel baratro , il sostegno del Padre  che tutti consola!
Mia moglie ,  i miei parenti e ,soprattutto mia suocera  che l'aveva cresciuta,invece, chiusi nel loro insopportabile  dolore, non volevano più sentire parlare né di Cristo , né della Chiesa.
Cercavo di contrastare la loro rabbia con la mia serenità e, ogni giorno chiedevo  l'aiuto del  Signore affinché aprisse un varco nei  loro  cuori induriti dalla sofferenza!
Così, poco a poco, abbiamo cominciato a parlare di ciò che ci era accaduto e ho cercato di spiegare loro che il Signore è l'unica ancora cui possiamo aggrapparci in simili situazioni. Perché Lui è Amore e Vita!
E, oggi , con il suo aiuto, stiamo tornando alla normalità e tutti i miei cari si sono riavvicinati alla Chiesa. E, ultima gioia, anche mia moglie è diventata cursillista.

Vincenzo - Ultreya di Augusta

mercoledì 21 marzo 2018

PRECETTO PASQUALE 2018 – GARANTIRE UN MINIMO.


E’ assolutamente risaputo, che per un cammino cristiano e rispettoso dei obblighi  suggeriti dalle autorità pastorali, è necessario osservare tre precetti:
1.   Partecipare alla Messa la domenica e le altre feste comandate e rimanere libero dalle occupazioni del lavoro;
2.    Confessare i propri peccati almeno una volta all'anno;
3.   Ricevere il sacramento dell'Eucaristia almeno a Pasqua.

Orbene l’Ultreya di Augusta ha ribadito che ogni cursillista non può sottrarsi all’obbligo che ha ogni cristiano di ricevere la comunione durante il tempo pasquale, motivo per cui giorno 26 marzo 2018 ha deciso di riservarsi una specifica funzione , quella del “precetto pasquale del cursillista, da officiarsi nella chiesa di Santa Lucia ad Augusta con inizio alle ore 19,30.
A questo appuntamento sono invitati tutti  i cursillisti della Ultreya di Augusta, nessuno escluso, e quanti altri della Arcidiocesi volessero parteciparvi, per assaporare tutti insieme  la gioia del Cristo risorto e  ritrovare non solo sempre maggiore motivazione per lo studio e per la costruzione di relazioni fondate sul rispetto reciproco, ma anche entusiasmo, coraggio e responsabilità per il loro ruolo così importante, come quello di evangelizzatori dei “Lontani”. 

Giulio Morello

martedì 20 marzo 2018

LA CURIOSITÀ NON È SOLO DONNA


 Secondo appuntamento del Cineforum 2018,
Salone stracolmo, oltre 80 presenze sono state registrate dall’organizzatore, Peppe Tringali, assai bravo nello scegliere pellicole con temi attuali e di grande interesse.


Cursillisti e “lontani” si sono dati appuntamento al Centro Utopia di Augusta sabato 17 marzo 2018, dove non hanno mancato di condividere amicizia e buon umore.
Il film ha posto, però, tanti dubbi ed incertezze attuali:
Perché la testimonianza di fede  si fatica a comprendere? Perché si può essere condannati ad assistere impotenti alla morte ed al  martirio di un compagno (vedi i cristiani oggi trucidati in tutte le parti del mondo)?

Perché l’uomo che vive inconsapevolmente la propria passione cristologica, appare abbandonato al silenzio del reale?
Perché  seguitare a professare la propria fede ed essere condannato al martirio nel silenzio di un Dio Assente?.
Domande queste forse troppo complicate e difficili per un appuntamento che è  stato consumato nella prospettiva di una allegra serata.

Ma la sorpresa, al termine la consueta abbondante condivisione di tanti piatti accattivanti e di dolci fatti in casa ha registrato  tanti consensi ed un ampio plauso all’iniziativa.
Poi i saluti: Quando il prossimo film? Quale il titolo? La curiosità non è solo donna …...

lunedì 19 marzo 2018

IL VIAGGIO INTERIORE DI DON RAFFAELE APRILE

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Giorno 17 marzo 2018 nella chiesa S. Francesco di Assisi in Francofonte è stato presentato dall’avv. Luigi Majorca il libro di poesie di don Raffaele Aprile, “Innamorato del Cielo”, riflessioni dell’anima.




L’evento è stato preceduto dalla introduzione di don Carmelo Scalia.
.
Questa seconda presentazione ha mostrato aspetti e sfumature assolutamente diversi da quelli utilizzati da Mons. Greco a Siracusa.
La chiave di lettura del libro è stata presentata in tema vivenziale, in perfetto stile cursillista, come per percepire nelle poesie di don Raffaele un balsamo per i momenti di difficoltà, di tristezza, di rabbia e di rancore che a volte angosciano le vite di tutti noi.
E’ stata questa una chiave di lettura insolita quanto semplice da comprendere, perché le poesie di don Raffaele rappresentano niente di più e niente di meno che gli stati d’animo che segnano felicità o sconforto nel nostro vivere quotidiano. Ma a differenza della lettura di semplici stati d’animo, le poesie di don Raffaele hanno il pregio di sublimare quell’istante che fugge veloce al nostro raziocinio divenendo fonte di esaltazione e di meditazione.
Il libro di don Raffaele è un perfetto regalo d'amore.   Il libro racchiude nei  versi dei sonetti i nostri sentimenti più profondi. La  poesia può davvero essere la migliore dichiarazione d'amore  che ci possiamo regalare: fa bene a noi, fa bene ai nostri vicini, riesce a fare dimenticare i torti subiti e fa amare i nostri nemici.
E’ l’ideale per tutti coloro che sono alla ricerca di qualcosa di semplice e che allo stesso tempo vogliono bramare la purezza dell’amore.
L'amore di don Raffaele per Dio e la Madonna é  una filosofia di vita, è, per lui, un modo di vivere giorno per giorno in maniera speciale, è qualcosa a cui il poeta non sa dire di no. Ci mostra il tema dell’amore da una prospettiva originalissima e accessibile a tutti. Scoprirete l’altalenante rapporto tra tenerezza e passione di un animo sincero, sentimento che viene descritto in tutte le sue possibili sfumature, (ma sempre poetico), sfumature che vista la giovane età del sacerdote saranno destinate ad evolversi. Ogni verso saprà rapirvi e trasportarvi!
(foto ed articolo di Pippo Midolo)

sabato 17 marzo 2018

OCCORRE RINNOVARE LA NOSTRA SCELTA


                      Adorazione eucaristica di don Angelo Saraceno
In ginocchio
Una realtà questa che spesso crea imbarazzo, non si sa esattamente cosa fare.
Recitare una preghiera? Confidare a voce bassa i propri pensieri? O stare semplicemente in silenzio?
Semplicemente inginocchiarsi ha in sé un che di strano.
“In greco la parola adorazione – proskinesis – significa gesto di sottomissione, il riconoscimento di Dio come nostra vera misura.
Significa che libertà non vuol dire godersi la vita, ritenersi assolutamente autonomi, ma orientarsi secondo la misura della verità e del bene, per diventare in tal modo noi stessi veri e buoni.
La parola latina per adorazione è ad – oratio contatto bocca a bocca, abbraccio e quindi in fondo amore.
La sottomissione diventa unione, perché colui al quale ci sottomettiamo è Amore.
Così sottomissione acquista un senso, perché non si impone cose estranee, ma ci libera in funzione della più intima verità del nostro essere”. (Benedetto XVI)
Sottomissione, libertà
Due antipodi che l’adorazione eucaristica pretende di mettere insieme. In quei momenti di silenzio davanti all’ostensorio riemerge questa verità: che il tema fondamentale è sempre lo stesso.
Dio chiede all’uomo una dipendenza fiduciale.
Occorre rinnovare la nostra scelta – decisione:
l’autonomia da Dio = il peccato
l’eteronomia da Dio = salvezza.
Inginocchiarsi è il segno di questa scelta.
Occorre allora riscoprire il vero senso dell’adorazione come scelta di vera libertà.


Grazie Signore Gesù, perché non ti ho mai visto.
Grazie, perché se ti avessi visto, sarebbe stato
facile, troppo facile credere in te.
Se ti avessi incontrato come i tuoi discepoli,
sarei stato come “obbligato” a seguirti, a
venirti dietro.
Il tuo fascino, la tua forza mi avrebbero colpito al cuore.
Io invece non ti ho mai visto. Eppure sono qui.
Adesso. Davanti a te. E mi vergogno a
pensare che ti conosco ancora troppo poco.
La mia pigrizia mi impedisce di fare di più.
La mia fede è ancora bambina, ma adesso sono qui.
Davanti a te.
E ti dico grazie perché ci sei. Grazie, perché
anche se non ti ho mai visto, tu stai cambiando
la mia vita.
Fà, Signore Gesù, che non mi stanchi mai di
conoscerti sempre di più, per poterti amare
sempre di più nella vita e fidarmi tutti i giorni.
Amen