Il valore della preghiera in Gesù
e preghiera comunitaria
2° Catechesi di don Angelo Saraceno
“Un giorno Gesù si
trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui” (Lc 9,18)
Non è un’annotazione
di transizione, ma una prospettiva teologica: Gesù è in un luogo “solitario” ma
non è isolato, perché “i discepoli erano con lui”. È solo ed è in compagnia.
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Gesù prende
coscienza della sua missione e delle scelte della sua vita nella
preghiera.
Pregare è capire
quale deve essere la direzione della vita alla luce della Parola e dentro la
comunità orante. Dal comportamento di Gesù impariamo la differenza tra
“solitudine” e “solitarietà o essere solitari”.
La “solitudine” è
uno stato dell’essere, perché la solitudine è la profondità del proprio io,
la capacità di stare con se stessi abitando il pozzo profondo di sé.
Essere solitari, invece, significa stare isolati, anche in mezzo agli altri: si può essere, infatti, in mezzo a una folla, ma stare soli e senza alcuna relazione.
Si può al contrario
essere soli fisicamente, in carcere, in cella d’isolamento ed essere in
comunione profonda con una moltitudine di persone.
La solitudine ci dà
la comprensione della nostra dimensione comunitaria.
La solitarietà ci
esclude da ogni relazione per rinchiuderci nella prigione da “non ho bisogno di
nessuno, basto a me stesso”.
La solitudine è
una dimensione dello spirito, la
solitarietà un limite dell’egoismo. Non sa stare in comunità chi non è
capace di vivere la propria solitudine come espressione del proprio esistere,
così come non sa pregare da solo chi non è in grado di pregare in comunità e
viceversa.
Soli e insieme come
Gesù che sta solo ma in compagnia. La vita di comunione non è la somma
di tante solitudini, ma la sinfonia di note singole che solo insieme, se
armonizzate, riescono e possono dare come risultati un senso compiuto musicale.
Pregare è vivere
La preghiera non è un
atteggiamento ma “uno stato” esistenziale indirizzato al senso della
vita. Si prega per vivere e poiché si vive insieme agli altri, si prega con
gli altri, anche quando si è soli.
Tutta la vita di
Gesù è segnata dalla preghiera. Si
può dire che la sua giornata è scandita dalla preghiera che ne diventa
l’attività principale.
Se uno prega entra
in intimità d’amore con il Signore e quando finisce di pregare non è più lo
steso perché passa dalla preghiera d’intimità alla vita di preghiera.
La preghiera non fa
ripiegare mai su se stessi, non fa attorcigliare sull’io ma apre a prospettive
nuove. Ecco perchè bisogna imparare a pregare non per se stessi ma per e con
gli altri, per la Chiesa dentro la quale stanno anche i nostri bisogni e le
nostre necessità se è vero che Dio si prende cura degli uccelli e dei gigli dei
campi (Mt 6, 26-30).
Se gli altri pregano
per me, la loro preghiera è più grande e più forte perché sono in tanti a
pregare per me e perché è preghiera disinteressata e gratuita.
Imparare a pregare
significa imparare a essere semplicemente se stessi nella consapevolezza di
essere figli amati e stimati da Dio.
Luca ci riporta
molti riferimenti alla preghiera di Gesù: 3,21 (battesimo di Gesù) 5,16; 9,18;
11,1 (luoghi isolati) 6,12 (notte in preghiera) 9,28-29 (Trasfigurazione di
Gesù) 22, 31-32 (Gesù prega su Pietro) 22,41-45 (Gesù prega nel Getsemani).
Prima di prendere una decisione importante o nei momenti che precedono le
svolte decisive della sua vita, Gesù è sempre in preghiera.
1)
Gesù ha un
obiettivo: compiere la volontà del Padre ed egli sa che questa volontà
non è la sua morte in croce, come se Dio fosse assetato di sangue innocente, al
contrario, la volontà del Padre è un progetto di alleanza per tutta
l’umanità e per ciascun individuo (Gv 3,17). Spesso si pensa che Gesù,
essendo Dio abbia sempre saputo quello che doveva essere e fare. Egli era
profondamente e realmente uomo e come ogni persona umana ha scoperto il senso
della vita vivendo la fatica della ricerca di senso. Se avesse saputo tutto
prima, il suo essere uomo sarebbe stata una finzione, e la sua incarnazione un
inganno e di conseguenza non avrebbe avuto senso che Gesù pregasse, perché,
essendo Dio, sarebbe stato inutile e anche una perdita di tempo, “pregare se
stesso”. Al contrario la preghiera è stata una costante della sua vita perché,
come ciascuno di noi, egli cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e
agli uomini (Lc 2,52).
Ecco perché Gesù pregava. Non ha avuto rivelazioni
particolari, ma ha dovuto faticare come tutti, scoprendo il destino della sua
vita lentamente. Sulla croce Marco e Matteo evidenziano il dramma della
invocazione di Gesù “Dio mio” ripetuta esprime il rifiuto della morte che Gesù
sta vivendo. Egli non accetta di morire e forse non capisce perché sta morendo,
e la sua preghiera è quasi “chiedere ragione” al Padre ed esige una risposta.
Gesù prega perché ha bisogno di sapere chi è, di
conoscere la via che deve percorrere, di sperimentare il desiderio del Padre
che è la sua vita.
2)
Luca in
particolare dice che Gesù ogni volta che deve prendere una decisione
importante o si trova a una svolta della sua vita, prega. Scegliendo
spesso luoghi solitari egli pone in evidenza il bisogno di creare condizioni
adeguate per saper scendere nel profondo della propria coscienza, questo non
può avvenire nella distrazione e nella confusione. Le cose importanti accadono
sempre nel silenzio, condizione previa per non ingannarsi e non essere ingannati.
Il silenzio denuda il cuore e svela le ragioni delle scelte. In questa ricerca
di senso della propria vita, Gesù prega per la realizzazione di sé come
“inviato” per una missione che ha bisogno di chiarire a se stesso giorno dopo
giorno. Egli associa nella sua preghiera anche i discepoli affinchè condividano
ed imparino a vedere anch’essi con lo sguardo di fede e così capire “dove” si
trovano e “dove” vanno. Egli prega quindi per chiarire a sé ciò che deve fare e
quali scelte deve compiere, quindi invita anche gli apostoli a fare lo stesso
perché la loro Chiesa dovrà pregare ininterrottamente (Ts 5,18; Lc 22,46) se
vorrà verificare il proprio cammino e la propria coerenza nella fedeltà al
Vangelo.
3)
Ancora Gesù si
pone in preghiera perché è simile agli uomini e come per tutti gli uomini anche
per Gesù il futuro non è in suo potere e
la sua coscienza si forma attraverso gli incontri e gli avvenimenti che
sperimenta. Anche Gesù deve cercare la volontà di Dio e il senso della sua
vita. Prega e chiede al Padre aiuto e chiarezza, invocando la disponibilità ad
accogliere la vita, anche se non è come la vorrebbe: la preghiera diventa
forza per affrontare l’incertezza e luce per illuminare i suoi passi (Sal
119). Gesù conosce le aspettative del suo popolo che attende un Messia della
forza e della impietosa violenza, oppositore del potere di occupazione dei
Romani. Egli avrebbe dovuto radunare Israele per andare alla riscossa della
libertà e dell’instaurazione del regno di Davide, lasciando dietro di sé una
scia di sangue e di morte. Gesù non sa cosa deve fare e prende le distanze da
sé stesso, dagli eventi, da Dio andando in un luogo solitario a pregare. Fa
spazio per far decantare o esplodere le contraddizioni, diventa lui stesso
campo di battaglia per far evaporare le contraddizioni, lascia che le
indecisioni si sistemino e si confrontino, non fugge e non divaga: “Entrato in
lotta, pregava più intensamente e il suo sudore diventò come gocce di sangue
che cadono a terra. Poi rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li
trovò che dormivano per la tristezza” (Lc 22, 44-45).
Non solo si ritira in un luogo deserto ma nel
Getsemani lotta fino a sudare sangue. È il senso della solitudine piena e
profonda. Il testo non dice che Gesù pregasse “con” i discepoli, ma che i discepoli
“erano con” Lui. Vi sono momenti in cui è necessario non tanto restare soli, ma
restare immersi nella “Solitudine” esistenziale da cui nessuna compagnia ci può
estraniare, perché certe dimensioni possano essere condivise solo
nell’immensità dello Spirito di Dio. Gli altri possono intuire, assistere,
partecipare, ma restano ai margini perché i destini della propria missione
possono essere vissuti solo nel cuore di Dio.
In questo senso pregare è fare chiarezza,
imparare il linguaggio della fede per leggere la propria esistenza e la storia
con gli occhi e la prospettiva di Dio. Gesù non vuole essere un Messia di
violenza e non vuole esaurire la sua azione in una dimensione politica, perché
non è venuto per prendersi una rivincita sugli uomini, Egli vive la sua
messianicità nella prospettiva della non – violenza e della dolcezza espressa
nella misura del perdono come dimensione della nuova giustizia, che deve
inaugurare il regno che viene.
Non è facile per lui scegliere questa via, perché
significa mettersi in opposizione alla mentalità corrente che porrà fine alla
sua missione “prima del tempo”.
Per evitare la violenza egli dovrà subirla e per non
uccidere dovrà essere ucciso prima di aver compiuto la sua missione messianica.
Gesù si interroga sul senso della sua vita: se deve
morire prima ancora di arrivare al compimento della sua missione, che Messia è?
Non solo, ma la volontà di salvezza del Padre come può realizzarsi se egli non
sarà in grado di portarla a termine? Come deve portarlo a termine? È proprio
necessario che egli debba morire? (Mc 14 36)
Gesù alla fine pur non comprendendo si abbandona alla
volontà del Padre nella certezza che nulla accade per caso: “Padre nelle tue
mani consegno il mio spirito” (Lc 23, 46).
Ma la morte subita non può essere l’ultima parola,
anche se così sembra. Senza la preghiera tutto si sarebbe fermato alla
superficie, con la preghiera tutto viene vissuto in profondità. In Gesù
comincia a balenare l’idea della risurrezione: se Dio non può non realizzare il
suo disegno d’amore e se il Messia/Cristo è ucciso, il Padre saprà superare la
morte e farà compiere oltre la morte stessa la missione al suo Cristo e Figlio.
Nel Vangelo di Marco pregare è lasciarsi scegliere da Gesù per tre obiettivi:
-
Stare con lui
-
Essere mandati a
predicare
-
e avere potere di
scacciare i demoni (Mc 3,13-15).
Stare con lui, significa avere consuetudine di frequentazione,
quotidiana e di vita.
Essere mandati,
esprime la coscienza della responsabilità della credibilità di Dio nel mondo.
Scacciare demoni,
vuol dire condividere con gli uomini e le donne di buona volontà la
lotta della vita contro la fame, la sete, la povertà, la disoccupazione, la
mancanza di casa e di dignità, che costringono la maggioranza dell’umanità a
vivere prigioniera della febbre dell’ingiustizia, schiava di un sistema
economico e umano che si nutre delle differenze e delle disparità e beve il
sangue dei deboli crocifiggendoli sull’altare delle migrazioni. Pregare è
imparare a essere il “Sacramento della Pasqua di Dio nel mondo” per
cominciare a costruire il regno della libertà secondo il Vangelo che è il cuore
di Cristo.
La preghiera di
Gesù (Mc 1, 29-39).
Un giorno e una sera
per pensare all’uomo, una notte e un’alba per pensare a Dio. Perché ci sono
nella vita sorgenti segrete, alle quali accostare le labbra. Perché ognuno vive
alle sue sorgenti.
E la prima delle
sorgenti è Dio. Gesù pur assediato, sa inventare spazi. Di notte.
Quegli spazi segreti
che danno salute all’anima, a tu per tu con Dio.
Trovare il tempo per
la preghiera e la comunione con Dio. È da questa vita interiore che scaturisce
la consapevolezza della propria missione e l’entusiasmo per compierla.
“La preghiera è l’atto più concreto e
rivoluzionario che un credente possa fare, perché la preghiera è ritornare
all’essenziale della vita e da lì ripartire. La preghiera è la memoria di un
bastare a se stessi”.
Traccia per la condivisione
1)
O la preghiera
nostra è cristologica, nel senso che possiede il respiro di Gesù, o è solo un
parlarsi addosso o un volare sulle nubi dei sogni anche a occhi aperti.
2)
Gesù prende
coscienza della sua missione e della scelta della sua vita nella preghiera,
che diventa così il “luogo fisico” del suo rapporto col Padre che si esprime
con i suoi discepoli.
3)
Pregare è capire
quale deve essere la direzione della vita alla luce della Parola e dentro la comunità
orante.
Attività: leggere e trascrivere nei
singoli Vangeli i brani in cui Gesù prega o ci insegna a pregare.
Matteo – Marco – Luca – Giovanni
Ricordati
-
Pregare prima di prendere una decisione
importante per la tua vita
-
Pregare per comprendere e conoscere ciò che Dio
vuole per te, “la sua volontà”.
-
Pregare è sempre affidarsi e confidare
nell’amore di Dio. “Se Dio è per noi chi sarà contro di noi?” (Rom 8,31)
Se la
preghiera è autentica ti trasforma e diventa “Sacramento della sua presenza nel mondo”.
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