martedì 27 febbraio 2018

PREGARE E' VIVERE


Il valore della preghiera in Gesù
e preghiera comunitaria

2° Catechesi di don Angelo Saraceno

“Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui” (Lc 9,18)
Non è un’annotazione di transizione, ma una prospettiva teologica: Gesù è in un luogo “solitario” ma non è isolato, perché “i discepoli erano con lui”. È solo ed è in compagnia.
Quando nella preghiera pensiamo di “isolarci” fuggiamo dalla nostra vocazione. Al contrario, se la nostra è vera preghiera, non siamo mai solitari anche se fisicamente siamo soli, perché siamo abitati dalla missione battesimale che ci apre all’ecclesialità universale. O la nostra preghiera è cristologica, nel senso che possiede lo spirito di Gesù, o è solo un parlarsi addosso o un volare sulle nubi dei sogni anche a occhi aperti.
Gesù prende coscienza della sua missione e delle scelte della sua vita nella preghiera.
Pregare è capire quale deve essere la direzione della vita alla luce della Parola e dentro la comunità orante. Dal comportamento di Gesù impariamo la differenza tra “solitudine” e “solitarietà o essere solitari”.
La “solitudine” è uno stato dell’essere, perché la solitudine è la profondità del proprio io, la capacità di stare con se stessi abitando il pozzo profondo di sé.


Essere solitari, invece, significa stare isolati, anche in mezzo agli altri: si può essere, infatti, in mezzo a una folla, ma stare soli e senza alcuna relazione.
Si può al contrario essere soli fisicamente, in carcere, in cella d’isolamento ed essere in comunione profonda con una moltitudine di persone.
La solitudine ci dà la comprensione della nostra dimensione comunitaria.
La solitarietà ci esclude da ogni relazione per rinchiuderci nella prigione da “non ho bisogno di nessuno, basto a me stesso”.
La solitudine è una dimensione dello spirito, la solitarietà un limite dell’egoismo. Non sa stare in comunità chi non è capace di vivere la propria solitudine come espressione del proprio esistere, così come non sa pregare da solo chi non è in grado di pregare in comunità e viceversa.
Soli e insieme come Gesù che sta solo ma in compagnia. La vita di comunione non è la somma di tante solitudini, ma la sinfonia di note singole che solo insieme, se armonizzate, riescono e possono dare come risultati un senso compiuto musicale.

Pregare è vivere

La preghiera non è un atteggiamento ma “uno stato” esistenziale indirizzato al senso della vita. Si prega per vivere e poiché si vive insieme agli altri, si prega con gli altri, anche quando si è soli.
Tutta la vita di Gesù è segnata dalla preghiera. Si può dire che la sua giornata è scandita dalla preghiera che ne diventa l’attività principale.
Se uno prega entra in intimità d’amore con il Signore e quando finisce di pregare non è più lo steso perché passa dalla preghiera d’intimità alla vita di preghiera.
La preghiera non fa ripiegare mai su se stessi, non fa attorcigliare sull’io ma apre a prospettive nuove. Ecco perchè bisogna imparare a pregare non per se stessi ma per e con gli altri, per la Chiesa dentro la quale stanno anche i nostri bisogni e le nostre necessità se è vero che Dio si prende cura degli uccelli e dei gigli dei campi (Mt 6, 26-30).
Se gli altri pregano per me, la loro preghiera è più grande e più forte perché sono in tanti a pregare per me e perché è preghiera disinteressata e gratuita.
Imparare a pregare significa imparare a essere semplicemente se stessi nella consapevolezza di essere figli amati e stimati da Dio.
Luca ci riporta molti riferimenti alla preghiera di Gesù: 3,21 (battesimo di Gesù) 5,16; 9,18; 11,1 (luoghi isolati) 6,12 (notte in preghiera) 9,28-29 (Trasfigurazione di Gesù) 22, 31-32 (Gesù prega su Pietro) 22,41-45 (Gesù prega nel Getsemani). Prima di prendere una decisione importante o nei momenti che precedono le svolte decisive della sua vita, Gesù è sempre in preghiera.
1)      Gesù ha un obiettivo: compiere la volontà del Padre ed egli sa che questa volontà non è la sua morte in croce, come se Dio fosse assetato di sangue innocente, al contrario, la volontà del Padre è un progetto di alleanza per tutta l’umanità e per ciascun individuo (Gv 3,17). Spesso si pensa che Gesù, essendo Dio abbia sempre saputo quello che doveva essere e fare. Egli era profondamente e realmente uomo e come ogni persona umana ha scoperto il senso della vita vivendo la fatica della ricerca di senso. Se avesse saputo tutto prima, il suo essere uomo sarebbe stata una finzione, e la sua incarnazione un inganno e di conseguenza non avrebbe avuto senso che Gesù pregasse, perché, essendo Dio, sarebbe stato inutile e anche una perdita di tempo, “pregare se stesso”. Al contrario la preghiera è stata una costante della sua vita perché, come ciascuno di noi, egli cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini (Lc 2,52).
Ecco perché Gesù pregava. Non ha avuto rivelazioni particolari, ma ha dovuto faticare come tutti, scoprendo il destino della sua vita lentamente. Sulla croce Marco e Matteo evidenziano il dramma della invocazione di Gesù “Dio mio” ripetuta esprime il rifiuto della morte che Gesù sta vivendo. Egli non accetta di morire e forse non capisce perché sta morendo, e la sua preghiera è quasi “chiedere ragione” al Padre ed esige una risposta.
Gesù prega perché ha bisogno di sapere chi è, di conoscere la via che deve percorrere, di sperimentare il desiderio del Padre che è la sua vita.
2)      Luca in particolare dice che Gesù ogni volta che deve prendere una decisione importante o si trova a una svolta della sua vita, prega. Scegliendo spesso luoghi solitari egli pone in evidenza il bisogno di creare condizioni adeguate per saper scendere nel profondo della propria coscienza, questo non può avvenire nella distrazione e nella confusione. Le cose importanti accadono sempre nel silenzio, condizione previa per non ingannarsi e non essere ingannati. Il silenzio denuda il cuore e svela le ragioni delle scelte. In questa ricerca di senso della propria vita, Gesù prega per la realizzazione di sé come “inviato” per una missione che ha bisogno di chiarire a se stesso giorno dopo giorno. Egli associa nella sua preghiera anche i discepoli affinchè condividano ed imparino a vedere anch’essi con lo sguardo di fede e così capire “dove” si trovano e “dove” vanno. Egli prega quindi per chiarire a sé ciò che deve fare e quali scelte deve compiere, quindi invita anche gli apostoli a fare lo stesso perché la loro Chiesa dovrà pregare ininterrottamente (Ts 5,18; Lc 22,46) se vorrà verificare il proprio cammino e la propria coerenza nella fedeltà al Vangelo.
3)      Ancora Gesù si pone in preghiera perché è simile agli uomini e come per tutti gli uomini anche per Gesù il futuro non è  in suo potere e la sua coscienza si forma attraverso gli incontri e gli avvenimenti che sperimenta. Anche Gesù deve cercare la volontà di Dio e il senso della sua vita. Prega e chiede al Padre aiuto e chiarezza, invocando la disponibilità ad accogliere la vita, anche se non è come la vorrebbe: la preghiera diventa forza per affrontare l’incertezza e luce per illuminare i suoi passi (Sal 119). Gesù conosce le aspettative del suo popolo che attende un Messia della forza e della impietosa violenza, oppositore del potere di occupazione dei Romani. Egli avrebbe dovuto radunare Israele per andare alla riscossa della libertà e dell’instaurazione del regno di Davide, lasciando dietro di sé una scia di sangue e di morte. Gesù non sa cosa deve fare e prende le distanze da sé stesso, dagli eventi, da Dio andando in un luogo solitario a pregare. Fa spazio per far decantare o esplodere le contraddizioni, diventa lui stesso campo di battaglia per far evaporare le contraddizioni, lascia che le indecisioni si sistemino e si confrontino, non fugge e non divaga: “Entrato in lotta, pregava più intensamente e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza” (Lc 22, 44-45).
Non solo si ritira in un luogo deserto ma nel Getsemani lotta fino a sudare sangue. È il senso della solitudine piena e profonda. Il testo non dice che Gesù pregasse “con” i discepoli, ma che i discepoli “erano con” Lui. Vi sono momenti in cui è necessario non tanto restare soli, ma restare immersi nella “Solitudine” esistenziale da cui nessuna compagnia ci può estraniare, perché certe dimensioni possano essere condivise solo nell’immensità dello Spirito di Dio. Gli altri possono intuire, assistere, partecipare, ma restano ai margini perché i destini della propria missione possono essere vissuti solo nel cuore di Dio.
In questo senso pregare è fare chiarezza, imparare il linguaggio della fede per leggere la propria esistenza e la storia con gli occhi e la prospettiva di Dio. Gesù non vuole essere un Messia di violenza e non vuole esaurire la sua azione in una dimensione politica, perché non è venuto per prendersi una rivincita sugli uomini, Egli vive la sua messianicità nella prospettiva della non – violenza e della dolcezza espressa nella misura del perdono come dimensione della nuova giustizia, che deve inaugurare il regno che viene.
Non è facile per lui scegliere questa via, perché significa mettersi in opposizione alla mentalità corrente che porrà fine alla sua missione “prima del tempo”.
Per evitare la violenza egli dovrà subirla e per non uccidere dovrà essere ucciso prima di aver compiuto la sua missione messianica.
Gesù si interroga sul senso della sua vita: se deve morire prima ancora di arrivare al compimento della sua missione, che Messia è? Non solo, ma la volontà di salvezza del Padre come può realizzarsi se egli non sarà in grado di portarla a termine? Come deve portarlo a termine? È proprio necessario che egli debba morire? (Mc 14 36)
Gesù alla fine pur non comprendendo si abbandona alla volontà del Padre nella certezza che nulla accade per caso: “Padre nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23, 46).
Ma la morte subita non può essere l’ultima parola, anche se così sembra. Senza la preghiera tutto si sarebbe fermato alla superficie, con la preghiera tutto viene vissuto in profondità. In Gesù comincia a balenare l’idea della risurrezione: se Dio non può non realizzare il suo disegno d’amore e se il Messia/Cristo è ucciso, il Padre saprà superare la morte e farà compiere oltre la morte stessa la missione al suo Cristo e Figlio.



Nel Vangelo di Marco pregare è lasciarsi scegliere da Gesù per tre obiettivi:
-          Stare con lui
-          Essere mandati a predicare
-          e avere potere di scacciare i demoni (Mc 3,13-15).
Stare con lui, significa avere consuetudine di frequentazione, quotidiana e di vita.
Essere mandati, esprime la coscienza della responsabilità della credibilità di Dio nel mondo.
Scacciare demoni, vuol dire condividere con gli uomini e le donne di buona volontà la lotta della vita contro la fame, la sete, la povertà, la disoccupazione, la mancanza di casa e di dignità, che costringono la maggioranza dell’umanità a vivere prigioniera della febbre dell’ingiustizia, schiava di un sistema economico e umano che si nutre delle differenze e delle disparità e beve il sangue dei deboli crocifiggendoli sull’altare delle migrazioni. Pregare è imparare a essere il “Sacramento della Pasqua di Dio nel mondo” per cominciare a costruire il regno della libertà secondo il Vangelo che è il cuore di Cristo.
La preghiera di Gesù (Mc 1, 29-39).
Un giorno e una sera per pensare all’uomo, una notte e un’alba per pensare a Dio. Perché ci sono nella vita sorgenti segrete, alle quali accostare le labbra. Perché ognuno vive alle sue sorgenti.
E la prima delle sorgenti è Dio. Gesù pur assediato, sa inventare spazi. Di notte.
Quegli spazi segreti che danno salute all’anima, a tu per tu con Dio.
Trovare il tempo per la preghiera e la comunione con Dio. È da questa vita interiore che scaturisce la consapevolezza della propria missione e l’entusiasmo per compierla.


La preghiera è l’atto più concreto e rivoluzionario che un credente possa fare, perché la preghiera è ritornare all’essenziale della vita e da lì ripartire. La preghiera è la memoria di un bastare a se stessi”.

Traccia per la condivisione

1)      O la preghiera nostra è cristologica, nel senso che possiede il respiro di Gesù, o è solo un parlarsi addosso o un volare sulle nubi dei sogni anche a occhi aperti.

2)      Gesù prende coscienza della sua missione e della scelta della sua vita nella preghiera, che diventa così il “luogo fisico” del suo rapporto col Padre che si esprime con i suoi discepoli.

3)      Pregare è capire quale deve essere la direzione della vita alla luce della Parola e dentro la comunità orante.

Attività: leggere e trascrivere nei singoli Vangeli i brani in cui Gesù prega o ci insegna a pregare.
              Matteo – Marco – Luca – Giovanni

Ricordati
-          Pregare prima di prendere una decisione importante per la tua vita
-          Pregare per comprendere e conoscere ciò che Dio vuole per te, “la sua volontà”.
-          Pregare è sempre affidarsi e confidare nell’amore di Dio. “Se Dio è per noi chi sarà contro di noi?” (Rom 8,31)
Se la preghiera è autentica ti trasforma e diventa “Sacramento della sua presenza  nel mondo”.
 nel m

Nessun commento:

Posta un commento