mercoledì 21 febbraio 2018

INSEGNACI A PREGARE di Don Angelo Saraceno


 
Introduzione

Pregare non è facile
1)      A che serve pregare, io credo nel Signore, lui sa tutto …
2)      Non ho tempo per pregare.
3)      Io non so pregare e quando ci tento mi distraggo …
4)       Prego quando ne ho voglia e vado a Messa quando mi sento …
5)      Pregare è una perdita di tempo.
6)      Nessuno mi ha insegnato a pregare.
7)      A volte dico le mie preghiere.
Prova a continuare le obiezioni aiutato dalle tue esperienze e conoscenze …
Cercando risposte a queste difficoltà.

Tu preghi? Perché preghi? Chi ti ha insegnato a pregare? Come preghi? Quando preghi? Hai mai insegnato a qualcuno a pregare? È facile per te pregare?
Con le tue preghiere è cambiato mai qualcosa.
Il pregare ti aiuta nel vivere la tua fede?
Quali difficoltà provi nel pregare?
Pregare è  innamorarsi                                                  
Cosa significa pregare?
S. Paolo scrivendo ai Romani avverte: “noi non sappiamo pregare” (8,26).
La Parola di Dio ci mette sull’avviso che la preghiera si apprende, si impara andando a scuola di Gesù. Solo lo Spirito conosce Dio, quindi, solo coloro che hanno ricevuto lo Spirito sanno pregare. Occorre abbandonarsi alla tenerezza dello Spirito se non vogliamo precluderci “i segreti di Dio” cioè la sua intimità. Per entrare in relazione con Dio, bisogna avere un rapporto stabile con lo Spirito che ci mette in contatto con il pensiero di Cristo.
Attenti ad alcuni rischi specie quando possiamo impantanarci nella preghiera di contrattazione mercantile.
Gesù stesso ci aveva infatti messo in guardia.
“Pregando non sprecate parole come i pagani: essi credono di essere ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che glielo chiediate”. (Mt 6, 7-8)
Occorre imparare a fermarsi “a prendere tempo” con Dio che pure diciamo di amare sopra ogni cosa. Dobbiamo interessarci di Lui indipendentemente dai nostri bisogni.
Dio come stai? Come è andata oggi? Sei stressato anche tu, in questo mondo frettoloso che si uccide da solo?
Molto spesso trattiamo Dio non come un “Padre” né come un Amico, ma come un distributore automatico.
La preghiera non è un’attività, ma uno stato interiore di comunione/intimità tra Gesù e suo Padre, tra noi, Gesù e il Padre nostro. È una consuetudine di dialogo affettivo e reale che si snoda lungo la vita, nella giornata, giorno dopo giorno, ora dopo ora.
Non è un processo psicologico emotivo, anche se questi aspetti sono presenti, ma è una dinamica di relazione tra due persone che si conoscono, si stimano, si accolgono, si desiderano.
Pregare è essere presente, non per educazione ma esclusivamente perché l’altro è importante: la persona più importante, senza la quale non si può vivere.
Spesso confondiamo la preghiera con la recita di formule più o meno complesse che esprimono solamente il nostro impegno psicologico di sentirsi protetti e al sicuro col rischio che si possa confondere la preghiera con il parlare con se stessi. Ci affidiamo alle parole perché abbiamo paura del silenzio, che è la condizione per l’ascolto. La persona narcisistica che si parla addosso, non è capace di ascoltarsi e di ascoltare, per cui di norma resta estranea non solo agli altri, ma anche a se stessa.
Anche se utilizziamo i salmi e ci serviamo della liturgia delle ore, non è detto che stiamo pregando.
Se non sappiamo pregare, occorre imparare a capire chi si è, a quale livello di profondità e per quale scopo si vive e conoscere il perno attorno a cui ruota tutta la nostra esistenza.
Essenzialità e priorità: abbiamo mai pensato a individuarli?
Il primo passo della preghiera è “sapere cosa vogliamo” da noi stessi, “dove siamo nel cammino della nostra vita e nella storia della salvezza. Da questa prospettiva la preghiera è la costante verifica di questo percorso, illimpidirsi lo sguardo per vedere “dove” si è e “dove” si va per non correre invano, o peggio, a vuoto.
La preghiera non è una routine che si consuma ogni giorno con le stesse modalità.
Se pregare è un rapporto d’amore, occorre essere innamorato e, in ogni rapporto d’amore, i due innamorati devono sapere che sono per se stessi e l’uno per l’altra, scoprirsi reciprocamente come l’uno sia la parte migliore dell’altra. Non si può essere innamorati a orario, allo stesso modo non si può pregare con lo scadenziario alla mano, come se pregare fosse una tassa da pagare.
Pregare è come l’amore: perdere tempo per la persona amata.
Lo sa bene il profeta Geremia che, dopo essersi lasciato sedurre si allontana, pur sapendo che soffrirà molto: “mi hai sedotto e io mi sono lasciato sedurre”. (Ger 20,7)
Pregare è vivere e respirare la vita
Gesù prega per mantenere la sua vita in conformità con il Padre.
Se uno prega entra in intimità d’amore con il Signore e quando finisce di pregare non è più lo stesso perché passa dalla preghiera d’intimità alla vita di preghiera: egli prega vivendo, come prima viveva pregando: la vita diventa preghiera e la preghiera è vita, come dovrebbe essere un modo particolare di vivere l’Eucaristia.
La preghiera non fa ripiegare mai su se stessi, non fa attorcigliare sull’io ma apre a prospettive nuove: invita ad andare sempre oltre.
Prima di prendere una decisione importante o nei momenti che precedono le svolte decisive della sua vita Gesù e sempre in preghiera.
Egli prega per chiarire a se ciò che deve fare e quali scelte compiere, quindi invita anche gli apostoli a fare lo stesso.
Gesù prega e chiede al Padre aiuto e chiarezza, invocando la disponibilità ad accogliere la vita, anche se non è come vorrebbe, la preghiera diventa forza per affrontare l’incertezza e la luce per illuminare i suoi passi.
Alla fonte c’è un incontro, un innamoramento che esige dialogo, relazione, donarsi tempo.
Dio non ha bisogno di nulla, Lui è la luce, sei tu ad essere illuminato, siamo noi ad aver bisogno della sua comunione.
È Lui che mi cerca e mi supplica di entrare in comunione con Lui per avere i suoi benefici.

La preghiera nella vita cristiana
Che cos’è la preghiera? (CCC 2558-2565)
Pregare significa rivolgere “il cuore a Dio”; quando una persona prega, instaura con lui un rapporto vivo. La preghiera è la grande porta che conduce alla fede; chi prega non vive più di se stesso, per se stesso e con le proprie forze, ma sa che esiste un Dio a cui può parlare.
Un uomo che prega ha maggiore fiducia in se stesso e in Dio: cerca già adesso l’unione con colui che un giorno incontrerà faccia a faccia; l’impegno nella preghiera quotidiana è parte integrante della vita cristiana e tuttavia non si apprende a pregare come si assimila una tecnica, e, per quanto notevole la cosa possa apparire, la preghiera è un dono che si ottiene pregando.
Perché si prega?        (2566-2591)
Preghiamo perché lo desideriamo, e perché Dio ha creato noi uomini in vista di sé: e preghiamo Dio anche perché ne avvertiamo il bisogno.
Spesso dimentichiamo Dio, allontanandoci da Lui e fuggendo dal suo cospetto: anche se evitiamo di pensare a Dio, anche se lo rinneghiamo, Egli è sempre presente per noi. Egli cerca noi prima che noi cerchiamo Lui, ci desidera e ci chiama.
Parlando con la propria coscienza si scopre improvvisamente che si sta parlando con Dio. Se ci si sente soli e non si ha nessuno con cui comunicare, proprio allora si scopre che possiamo sempre dialogare con Dio.
Oppure ci si trova in pericolo e si scopre che il nostro grido di aiuto trova risposta da parte sua: pregare è umano quanto respirare, mangiare e amare.
La preghiera ci permette di resistere alle tentazioni e ci rende forti nella debolezza, ci libera dall’angoscia, raddoppia le nostre forze e aumenta le nostre energie, la preghiera ci rende felici.
Pregare rivolti a Dio può avvenire solo insieme a Dio: non è anzitutto grazie alle nostre forze se la nostra preghiera giunge davvero fino a lui; noi cristiani abbiamo ricevuto lo Spirito di Gesù, che desidera essere una cosa sola con il Padre; amore totale, ascolto reciproco pieno, perfetta comprensione mutua e completa concordia di volere.
Questo Spirito di Gesù è in noi e parla per bocca nostra quando preghiamo. Pregare significa quindi in via di principio che, dal profondo del mio cuore, Dio parla a Dio e che lo Spirito santo aiuta il nostro spirito nella preghiera.
Per questo dobbiamo sempre ripetere: “Vieni o Spirito Santo, vieni e aiutami a pregare”.
Come può la vita quotidiana essere una scuola di preghiera? (2659)
Chi già al mattino cerca l’unità con Gesù può essere una benedizione per quanti lo incontrano, e addirittura per i propri nemici; nel corso della giornata ripone in Dio ogni sua preoccupazione: ha in sé e irradia una gioia maggiore.
Nel formulare i suoi giudizi e nel prendere le sue decisioni si domanda in che modo si comporterebbe Gesù nelle stesse circostanze; supera l’angoscia con la vicinanza a Dio, non cede alla debolezza nelle situazioni disperate; porta in sé la pace del cielo e la diffonde nel mondo. È pieno di gratitudine e di gioia per la bellezza, ma sa anche sopportare le difficoltà che incontra. Quest’attenzione per Dio è possibile anche durante il lavoro.
Si può pregare in ogni luogo?            (2691)
È molto importante che preghiamo in ogni luogo: a scuola, in macchina, durante una festa e fra gli amici, perché tutto il mondo dev’essere pervaso dalle “benedizioni di Dio”.
È però importante anche visitare i luoghi santi nei quali Dio ci attende in modo che possiamo riposarci presso di Lui, e ricevere la sua forza, la sua grazia e la sua missione. Un vero cristiano, quando entra in una chiesa non fa una semplice visita turistica, ma rimane brevemente in silenzio e in adorazione di Dio rinnovando la propria amicizia e il proprio amore nei suoi confronti.
È possibile pregare in ogni momento?         (2742)
Dio non si accontenta di un paio di parole al mattino e alla sera: tutta la nostra vita deve diventare una preghiera, e le nostre preghiere devono diventare la nostra vita.
Ogni storia di vita cristiana è anche una storia di preghiera, un unico, lungo tentativo di una più profonda unione con Dio.
Poiché molti cristiani hanno il vivo desiderio di essere sempre vicini a Dio col cuore, essi praticano la cosiddetta “preghiera di Gesù” in uso da tempo immemorabile, specie nelle chiese orientali.
Essa consiste nel cercare di ripetere durante la giornata una semplice formula (la sua forma più conosciuta è: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore) in modo che essa diventi una preghiera costante.

Mt 6,7-15 “Voi pregate così
Il cuore di ogni vera preghiera non risiede tanto in ciò che diciamo o che chiediamo, Dio sa già, ma ci lascia chiedere perché quel chiedere serve a noi, a chiarire in noi, a scavare in noi. Ma la cosa più decisiva della preghiera è accorgersi. Ma accorgersi di cosa? Di un Padre, cioè di una relazione significativa e decisiva per la nostra vita.
La preghiera serve a ricordarci un rapporto, una relazione, un legame.
Finchè Dio esiste da una parte e la mia vita dall’altra, allora la sua esistenza non riempie di nessun significato la mia vita, ma quando mi accorgo che egli non solo esiste ma che mi ama, allora tutto cambia. Ogni vera preghiera rende visibile questo legame. E lì troviamo la forza per spostare le montagne. Imparare a pregare significa scoprire questa relazione. Gesù insegna una “preghiera” non una formula. Le parole di Gesù sono parole da vivere prima ancora che da dire (L. Maria Epicoco)









 Traccia per la condivisione
1)      Al confronto con quanto hai ascoltato o letto cosa deve cambiare nel tuo modo di pregare?
2)      Quali le maggiori difficoltà quando preghi?
3)      Prova a fare memoria e se vuoi anche a raccontare un’esperienza di preghiera in cui hai sentito più vicino Dio e ti sei sentito più vicino agli altri?
4)      Esercitati questa settimana a pregare “perdendo tempo con Dio”

Augusta 21 febbraio 2018


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