Nel
gruppo di Ultreya di Augusta del 9 ottobre ci siamo chiesti: quanti di noi si
sono trovati ad operare gravati da mille problemi di salute, o di preoccupazioni
familiari o perché inseriti in un contesto ostile?
Quale
l'onere delle vertebre delle nostre ultreyas?
<Le vertebre>> sono coloro
che hanno piegato il ginocchio davanti a «Dio»
e che Iddio ebbe a riservate per
sé! Al tempo di Elia erano «settemila» (1Re 19,18 cf. Rom. 11,4)...
Nelle nostre Ultreyas
spesso, nella ricerca dei "lontani", ci siamo trovati ad operare in
situazioni difficili o addirittura apparentemente impossibili.
Però, ci siamo detti che per la Grazia di Dio non ci sono
situazioni impossibili:
Iddio può innestare di nuovo sull'olivo i rami che se ne sono staccati, e sul
medesimo olivo può innestare rami tolti da un oleastro (Rom. 11,17.23s).
Occorre solo che noi,
come Paolo, facciamo onore ai nostri impegni assunti, molto di più nelle
fatiche, molto di più nelle carceri, in
pericoli di rapine, in pericoli dai connazionali, in pericoli dagli
stranieri, in pericoli dentro la città, in pericoli nelle zone disabitate, in
pericoli sul mare, nella fatica e sotto sforzo, spesso nell'insonnia e tuttavia ogni giorno solleciti
di tutti i gruppi che
abbiamo avviati nei nostri ambienti (cf 2 Cor. 11,23 - 28).
Nessuno pensi che Paolo
ne avesse molta! Eppure non si era mai fermato!
Una malattia l'aveva
bloccato in Galazia, ed egli ne approfittò per evangelizzare quelle popolazioni
(Gal. 4,13)...
Tre volte chiese al
Signore di esserne liberato, ma il Signore gli rispose:
"Ti basta la mia
Grazia".
La sua forza si
esplicava tutta quanta nella sua Infermità! (2Cor. 12,8-9)…
La
conclusione di Paolo, che vale anche per le nostre vertebre, è stata questa:
«Molto volentieri, dunque, mi glorierò delle mie infermità, affinché si
stabilisca su di me la forza del Cristo! Per cui
quando sono infermo, è allora che sono forte!» (2 Cor.
12,9-10), perché «tutto posso in colui che mi rende forte!» (Filipp.
4,13)..
Luigi Majorca
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