martedì 24 aprile 2018

QUESTO EVENTO LASCERÀ UN SEGNO INDELEBILE NELLA NOSTRA STORIA

“LA VISITA DI PAPA FRANCESCO SULLA TOMBA DI DON TONINO BELLO”. Di Nando Rosato

20 aprile 2018, un venerdì di primavera, una data indimenticabile, un entusiasmo incontenibile per Alessano e per tutto il sud Salento. Una data che ricorda i 25 anni dalla morte di Don tonino Bello e la presenza straordinaria di un Papa straordinario in Alessano. Se Madre Teresa fu “la matita nelle mani di Dio”, don Tonino potrebbe essere la “penna”, di quelle ordinarie, che costano poco ma con cui si possono scrivere grandi capolavori.
La sera del 1° aprile, giorno di Pasqua nel piazzale della cattedrale di Ugento, fu celebrata la Passione di Cristo con personaggi di Ugento alla presenza del  Vescovo Mons. Vito Angiuli e di tutta la popolazione.
Come sempre la rappresentazione fu toccante perché nelle varie fasi, vi furono intermezzi di parole ed azioni fatte da don Tonino durante la sua vita. Ma, ancora più toccante fu la parte finale, quando apparve sul palco Trifone Bello (fratello minore di don Tonino), vestito  con gli abiti da vescovo di suo fratello.

Il cuore dei presenti, compreso me, sussultò sia per la fantastica rassomiglianza con don Tonino e sia per le parole che aggiunse leggendo un dattiloscritto. Gli applausi furono interminabili. Il ricordo resterà indelebile per tutti i presenti.
Click to play this Smilebox slideshowIn occasione della visita del Papa, quanta gente ha mosso don Tonino. Delle ventimila persone presenti, ognuno ha un ricordo, un aneddoto, un incontro che in qualche modo ha migliorato la sua vita. Franco Cirò, già Cancelliere della Pretura di Ugento, racconta che quando don Tonino giocava al calcio con i seminaristi, spesso si metteva in porta.
Quando don Tonino  tirava in porta, se Franco Cirò riusciva a parare, gli bruciavano le mani per la potenza del tiro. Don Tonino era anche un grande comunicatore. La gente stava ore............
ed ore ad ascoltarlo perché non metteva soggezione a nessuno.
Mi dispiace moltissimo che non ho avuto il privilegio di conoscere meglio o frequentare Don Tonino, pur essendo stato Rettore del Seminario di Ugento e Parroco della Parrocchia Sacro Cuore di Gesù nel cui territorio all’epoca abitavo con la mia famiglia.
Allora ero lontano dalla chiesa anni luce. Poi, nello stesso periodo in cui partecipai al Cursillo di Cristianità, don Tonino fu nominato vescovo di Molfetta. Dopo qualche giorno volle celebrare la Messa nella Cattedrale di Ugento alla quale partecipai anch’io. Ebbi subito la sensazione di trovarmi davanti ad un “mito” dei nostri giorni. In lui c’era qualcosa di sovrannaturale. Non mi sbagliavo ed il risultato e davanti agli occhi di tutti   
Il 20 aprile è stata una giornata radiosa, storica: un’ora e mezza di grande pathos popolare, in cui il cammino del vescovo pugliese “artigiano di pace” e del Papa “venuto da lontano” si sono intrecciati nella preghiera mesta su un sepolcro scavato nella nuda terra.
All’entrata nord del Cimitero, il Vescovo e la sindaca Francesca Torsello salutano l’ospite. Più formale il primo, emozionata la seconda che gli sussurra qualcosa, un “grazie” per il “dono” che potrebbe cambiare le vite ed il futuro di questa terra “finestra di speranza sul Mediterraneo”.
Il vento fa volar via lo zucchetto, qualcuno lo raccoglie. Papa Francesco ha in mano una corona di fiori, la depone sulla tomba  e mentre il vento fruga fra gli ulivi e agita le bandierine “pace”, prega emozionato, assorto. La folla tace, la sosta orante dura 10 minuti, poi l’applauso. Palloncini colorati riempiono il cielo come alle feste di paese.
Il vento afferra la mantellina del Papa mentre in tempo reale i whats-app inviano le foto in tutto il mondo. Giungono anche nei villaggi dell’Africa dove vivono quelli più “ultimi” di noi, e dove don Bello (che era Terziario Francescano) ha dato il nome a molte missioni.
 “Grande è la nostra gioia, oggi è un giorno memorabile – esordisce mons. Vito Angiuli – questo evento lascerà un segno indelebile nella nostra storia”. Poi le criticità di questa terra: “Il flagello della xylella, il mare che vorrebbero deturpare, il lavoro che manca, l’immigrazione”.
Francesco ascolta attento, conosce il peso delle parole. “Sono pellegrino in questa terra che ha dato i natali a don Tonino Bello, e che egli ha seminato”. Parla per 15 minuti. Di Chiesa “non mondana ma nel mondo”, di “Mediterraneo non arco di guerra ma arca di pace”, di “poveri ricchezza della Chiesa”, di uomo, lavoro, dignità, giustizia sociale, di “guerra che causa la povertà, povertà che causa guerre”. Don Tonino? “Un testimone, dono e profeta dei nostri tempi”, “innamorato di Dio, appassionato dell’uomo”, “allergico a titoli e onori, si liberava dei segni del potere per coltivare il potere dei segni”      
Poi lo scambio di regali, il saluto dei sacerdoti (don Gigi Ciardo, parroco di Alessano, commosso, don Giuseppe Martella, ex parroco della Cattedrale di Ugento e promotore del lancio del Cursillo nella Diocesi di Ugento), i disabili, i vecchi, i migranti, i bambini, i selfie con la gente di un Papa che ci ha abituato all’improvvisazione. Alle 10 e 15 risale sull’elicottero, vola verso Molfetta.
Don Tonino, a causa di un brutto male, se n’è andò ancora giovane (1935-1993), nel vigore delle energie fisiche e intellettuali, dopo aver detto parole importanti, aver  toccato il cuore di tanti, folgorato le menti e spesso cambiato i percorsi delle loro vite.
Piaceva ai credenti e ai laici, perfino agli scettici, che condividevano le sue passioni, coltivavano le sue utopie: si era inventato una lingua originale, fascinosa e vulcanica, incantata; aveva sintonizzato col respiro della Chiesa Universale, le ansie e le speranze dell’uomo di oggi e di domani.
Aveva avuto intuizioni, visioni scagliate nel tempo, con cui – pur nella breve parabola - è riuscito a fecondarlo, incuriosendo gli uomini di buona volontà, al di là di fede, etnia, ceto sociale.
Era di poche parole, un pò Peter Pan, amava la vita (suonava la chitarra e la fisarmonica, giocava al calcio, tifava Juventus, gli piaceva il mare).
Faceva sentire tutti unici ed oggi ha incuriosito un Pontefice per la solarità e la fragranza della sua parola. L’immagine della “Chiesa del grembiule”, “ospedale da campo”, “l’etica del volto”, dev’essere piaciuta a questo Papa che pure viene da terre lontane e aspre come le nostre, dalla “fine del mondo”. Chissà, anche per questo ha deciso di affacciarsi al balcone di “Finibus Terrae”.
Significativa la conclusione del discorso di Papa Francesco: “”imitiamo don Tonino, lasciamoci trasportare dal suo giovane ardore cristiano, sentiamo il suo invito pressante a vivere il Vangelo senza sconti.””
Ugento 23/04/2018
Nando Rosato

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