20 aprile 2018, un venerdì di primavera, una data indimenticabile, un entusiasmo incontenibile per Alessano e per tutto il sud Salento. Una data che ricorda i 25 anni dalla morte di Don tonino Bello e la presenza straordinaria di un Papa straordinario in Alessano. Se Madre Teresa fu “la matita nelle mani di Dio”, don Tonino potrebbe essere la “penna”, di quelle ordinarie, che costano poco ma con cui si possono scrivere grandi capolavori.
La sera del 1° aprile, giorno di Pasqua nel piazzale della cattedrale di
Ugento, fu celebrata la Passione di Cristo con personaggi di Ugento alla
presenza del Vescovo Mons. Vito Angiuli
e di tutta la popolazione.
Come sempre la rappresentazione fu toccante perché nelle varie fasi, vi
furono intermezzi di parole ed azioni fatte da don Tonino durante la sua vita.
Ma, ancora più toccante fu la parte finale, quando apparve sul palco Trifone
Bello (fratello minore di don Tonino), vestito
con gli abiti da vescovo di suo fratello.
Il cuore dei presenti, compreso me, sussultò sia per la fantastica
rassomiglianza con don Tonino e sia per le parole che aggiunse leggendo un
dattiloscritto. Gli applausi furono interminabili. Il ricordo resterà
indelebile per tutti i presenti.
![Click to play this Smilebox slideshow](http://www.smilebox.com/snap/4e44597a4d5441324f54633d0d0a.jpg)
Quando don Tonino tirava in
porta, se Franco Cirò riusciva a parare, gli bruciavano le mani per la potenza
del tiro. Don Tonino era anche un grande comunicatore. La gente stava ore............
ed
ore ad ascoltarlo perché non metteva soggezione a nessuno.
Mi dispiace moltissimo che non ho avuto il privilegio di conoscere
meglio o frequentare Don Tonino, pur essendo stato Rettore del Seminario di
Ugento e Parroco della Parrocchia Sacro Cuore di Gesù nel cui territorio
all’epoca abitavo con la mia famiglia.
Allora ero lontano dalla chiesa anni luce. Poi, nello stesso periodo in
cui partecipai al Cursillo di Cristianità, don Tonino fu nominato vescovo di
Molfetta. Dopo qualche giorno volle celebrare la Messa nella Cattedrale di
Ugento alla quale partecipai anch’io. Ebbi subito la sensazione di trovarmi
davanti ad un “mito” dei nostri giorni. In lui c’era qualcosa di
sovrannaturale. Non mi sbagliavo ed il risultato e davanti agli occhi di
tutti
Il 20 aprile è stata una giornata radiosa, storica: un’ora e mezza di
grande pathos popolare, in cui il cammino del vescovo pugliese “artigiano di
pace” e del Papa “venuto da lontano” si sono intrecciati nella preghiera mesta
su un sepolcro scavato nella nuda terra.
All’entrata nord del Cimitero, il Vescovo e la sindaca Francesca
Torsello salutano l’ospite. Più formale il primo, emozionata la seconda che gli
sussurra qualcosa, un “grazie” per il “dono” che potrebbe cambiare le vite ed
il futuro di questa terra “finestra di speranza sul Mediterraneo”.
Il vento fa volar via lo zucchetto, qualcuno lo raccoglie. Papa
Francesco ha in mano una corona di fiori, la depone sulla tomba e mentre il vento fruga fra gli ulivi e agita
le bandierine “pace”, prega emozionato, assorto. La folla tace, la sosta orante
dura 10 minuti, poi l’applauso. Palloncini colorati riempiono il cielo come
alle feste di paese.
Il vento afferra la mantellina del Papa mentre in tempo reale i
whats-app inviano le foto in tutto il mondo. Giungono anche nei villaggi
dell’Africa dove vivono quelli più “ultimi” di noi, e dove don Bello (che era
Terziario Francescano) ha dato il nome a molte missioni.
“Grande è la nostra gioia, oggi è
un giorno memorabile – esordisce mons. Vito Angiuli – questo evento lascerà un
segno indelebile nella nostra storia”. Poi le criticità di questa terra: “Il
flagello della xylella, il mare che vorrebbero deturpare, il lavoro che manca,
l’immigrazione”.
Francesco ascolta attento, conosce il peso delle parole. “Sono
pellegrino in questa terra che ha dato i natali a don Tonino Bello, e che egli
ha seminato”. Parla per 15 minuti. Di Chiesa “non mondana ma nel mondo”, di “Mediterraneo
non arco di guerra ma arca di pace”, di “poveri ricchezza della Chiesa”, di
uomo, lavoro, dignità, giustizia sociale, di “guerra che causa la povertà,
povertà che causa guerre”. Don Tonino? “Un testimone, dono e profeta dei nostri
tempi”, “innamorato di Dio, appassionato dell’uomo”, “allergico a titoli e
onori, si liberava dei segni del potere per coltivare il potere dei
segni”
Poi lo scambio di regali, il saluto dei sacerdoti (don Gigi Ciardo,
parroco di Alessano, commosso, don Giuseppe Martella, ex parroco della
Cattedrale di Ugento e promotore del lancio del Cursillo nella Diocesi di
Ugento), i disabili, i vecchi, i migranti, i bambini, i selfie con la gente di
un Papa che ci ha abituato all’improvvisazione. Alle 10 e 15 risale sull’elicottero,
vola verso Molfetta.
Don Tonino, a causa di un brutto male, se n’è andò ancora giovane
(1935-1993), nel vigore delle energie fisiche e intellettuali, dopo aver detto
parole importanti, aver toccato il cuore
di tanti, folgorato le menti e spesso cambiato i percorsi delle loro vite.
Piaceva ai credenti e ai laici, perfino agli scettici, che condividevano
le sue passioni, coltivavano le sue utopie: si era inventato una lingua
originale, fascinosa e vulcanica, incantata; aveva sintonizzato col respiro
della Chiesa Universale, le ansie e le speranze dell’uomo di oggi e di domani.
Aveva avuto intuizioni, visioni scagliate nel tempo, con cui – pur nella
breve parabola - è riuscito a fecondarlo, incuriosendo gli uomini di buona
volontà, al di là di fede, etnia, ceto sociale.
Era di poche parole, un pò Peter Pan, amava la vita (suonava la chitarra
e la fisarmonica, giocava al calcio, tifava Juventus, gli piaceva il mare).
Faceva sentire tutti unici ed oggi ha incuriosito un Pontefice per la
solarità e la fragranza della sua parola. L’immagine della “Chiesa del
grembiule”, “ospedale da campo”, “l’etica del volto”, dev’essere piaciuta a
questo Papa che pure viene da terre lontane e aspre come le nostre, dalla “fine
del mondo”. Chissà, anche per questo ha deciso di affacciarsi al balcone di
“Finibus Terrae”.
Significativa la conclusione del discorso di Papa Francesco: “”imitiamo
don Tonino, lasciamoci trasportare dal suo giovane ardore cristiano, sentiamo
il suo invito pressante a vivere il Vangelo senza sconti.””
Ugento 23/04/2018
Nando Rosato
Nessun commento:
Posta un commento